giovedì 29 maggio 2008

Il Divo, ovvero "I francesi applaudono tantissimo quando ci sono film italiani che spiegano ai francesi che gli italiani sono peggio dei francesi".

Ieri sera ho visto il Divo e oggi ho sentito da un mio amico il commento più bello sul significato, profondo, della doppia vittoria italiana a Cannes. Il Divo e Gomorra. "I francesi applaudono tantissimo quando ci sono film italiani che spiegano ai francesi che gli italiani sono peggio dei francesi". Un po' contorto ma il senso c'è. Detto questo, il film è bello. Ritmo, musica e sceneggiatura scritta bene. Un po' pop, pure troppo direbbe Thomas Prostata (qui si fanno solo citazioni serie, grazie). Vero: ci sono secondo me un paio di errori (Andreotti andava a pregare non a Piazza San Lorenzo in Lucina, ma vabbè), ma la cosa che mi ha colpito è un'altra. Ricordate il pezzo di D'Avanzo che spiegava a Travaglio che il metodo Travaglio è una mezza porcheria. D'Avanzo spiegava sostanzialmente a Travaglio queste cose qui.

I filosofi ( Bernard Williams, ad esempio) spiegano che la verità offre due differenti virtù: la sincerità e la precisione. La sincerità implica semplicemente che le persone dicano ciò che credono sia vero. Vale a dire, ciò che credono. La precisione implica cura, affidabilità, ricerca nello scovare la verità, nel credere a essa. Il "giornalismo dei fatti" ha un metodo condiviso per acquisire la verità possibile. Contesti, nessi rigorosi, fonti plurime e verificate e anche così, più che la verità, spesso, si riesce a capire soltanto dov'è la menzogna e, quando va bene, si può ripetere con Camus: "Non abbiamo mentito" (lo ha ricordato recentemente Claudio Magris).

Ora: D'Avanzo ha scritto la sceneggiatura del film di Sorrentino. Vedetelo il film: macchine che esplodoni, giornalisti trivellati sullo stomaco, morti ammazzati, etc. “Nessi rigorosi”, diceva D'Avanzo a Travaglio. Bene, io finito di vedere il film – a parte l'idea personale che ho di Andreotti, che qui tralascerei – mi è sembrato di vedere sullo schermo quello che magnificamente D'Avanzo aveva criticato su carta. Vedi il film e poi trovi piccolo piccolo che è Andreotti non è mai stato condannato. A prescindere dai dettagli, le cose stanno così. Molte immagini, molte impressioni e "fatti" diciamo che sono fatti perché te lo dicono loro che lo hanno letto dei verbali e che lo hanno sentito dai pentiti che però non dicevano sempre la verità e che comunque dicevano cose che finivano sui verbali e che quindi, se sono sui verbali, cazzo: sono fatti. Bene, finisci di vedere il Divo e pensi che, come direbbee Andreotti, il Divo – tranne le guerre puniche – è colpevole praticamente di tutto. I fatti però non sono immagini sovrapposte. Giusto? Giusto. In altre parole, vedete il Divo e scoprirete il metodo Travaglio applicato da D'Avanzo per Sorrentino.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

il metodo travaglio applicato da d'avanzo per sorrentino lo trovi in JFK di Stone. non qui. ma ti pare? con i finti flashback dei pentiti in cui si vede Andreotti con la doppietta nella battuta di caccia? Con Caselli che si spara la lacca davanti al finestrone e alla scrivania? con balduccio di maggio in infradito e Riina con i pantaloni maculati di piscio? ma stai scherzando? I francesi a volte non sono scemi. a volte credono che l'ultimo Dario Argento sia il secondo migliore regista italiano degli ultimi vent'anni. A volte credono che il primo migliore regista degli ultimi vent'anni sia nanni moretti. a volte pensano anche che Moretti sia un bravo regista perché sarebbe una sorta di incarnazione vivente dell'unica alternativa possibile a Silvio Berlusconi (il guaio è che Moretti ha letto e ci ha creduto). Ma a volte non sono scemi. Forse questa volta hanno capito che la realtà non c'entra un bel niente. e che su di essa non c'è più nessuna presa diretta. La vita "fantastica" di Andreotti è sfigurata, da subito, nella forma del mito mediale, con tanto di colonna sonora e migliori anni della nostra vita. I francesi rodono: mentre loro sono ancora lì a fare i commentini sociologici sul rolex d'oro di Sarko, un regista italiano filtra una mitologia politica attraverso una lettura potente, esatta, immaginifica della cultura pop nazionale. andreotti ha senz'altro fatto finta di non gradire. è impossibile che un uomo intelligente non apprezzi un'operazione così. adesso berlusconi deve augurarsi che sorrentino si dedichi anche a lui. e me lo auguro anch'io.
c.b.

Anonimo ha detto...

Non ho capito, vuoi dire che il film è stato scritto da sceneggiatori detrattori o che altro? Grazie.

Claudio Cerasa ha detto...

Bellismo commento, anonimo. Permettimi però di spiegare. Giustamente, tu noti che "La vita fantastica di Andreotti è sfigurata" e che sostanzialmente tutto il mondo, chiamiamolo così, "cattivo" con cui Andreotti avrebbe avuto rapporti è un mondo in realtà fasullo. Fasullo perché "fantastico", praticamente ridicolo e poco verosimile. E' vero, ma stai attento: l'"immaginifica della cultura pop nazionale" è una cosa interessante ma è anche il modo più semplice per coprirsi le spalle dall'operazione "smerdiamo il nemico" ché se lo smerdiamo dentro un flusso pop nazionale etc sembra un'opera d'arte. Non so se mi spiego, ma se io vedo un quadro molto bello, fatto bene, con i colori giusti e le pennellate perfette e dentro questo quadro mi ritrovo, non so, un Andreotti che dà un bacio sulla guancia a Riina, un D'Alema che riceve soldi da Consorte, un Tortora che spaccia cocaina (sono tre cose diverse, molto diverse, non paragonabili, ma che rientrano tutte nel concetto di: basta l'accusa per essere colpevole), beh, se vedessi una cosa del genere prima di riuscire a notare quanto sono belli e quanto mi piacciono i colori io, sinceramente, mi incazzerei parecchio.

p.s. nessuno ha mai parlato di "detrattori", naturalmente. Solo di sceneggiatori abilissimi a trasformare un'opinione in un fatto

Anonimo ha detto...

sì, capisco cosa vuoi dire. e potresti avere ragione. potrebbe essere così: faccio dell'arte per smerdare il nemico, e per mettere al riparo dal discorso pubblico, nella sfera dell'estetico, quello che dico. Ma veramente trovo che il valore di verità delle immagini sia troppo compromesso alla base. Ogni ricostruzione dei pentiti è subito fantastica, bizzarra, inattendibile, perché è il registro della reatà stessa che svirgola, sbanda, di continuo. L'esempio del quadro che tu fai presuppone proprio una riconoscibilità delle figura, una ostinata verosimiglianza di fondo (che permetta almeno la riconoscibilità dei personaggi in campo). siamo sicuri che questa ci sia nel film di Sorrentino? E mica parlo solo dei "cattivi". Parlo di tutto il reagistro della realtà storica (Moro in tuta adidas????) e di come è trattata.
Poi è indubbio che l'operazione è pretenziosa e ha un'ambizione morale (moralista?). Ma, anche da questo punto di vista, il discorso mi pare più radicale di quel che sei disposto a concedere tu. Non si tratta di smerdare il nemico. Ma di dire: bene, che questo sia il nemico o meno, al di là del problema, qui irrilevante, dei fatti, come costruisco una poetica e una mitologia del nemico?. Penso che un film così a processi ancora aperti sarebbe stato impossibile. Viene dopo il giudizio sulla Storia. Il punto non è affatto la denigrazione del nemico: è il DESIDERIO del nemico. Se Andreotti è il nemico ecco come la nostra immaginazione nazionale ha bisogno, voglia, desiderio di questo nemico (che, se permetti, è qualcosa di un po' più complicato di dire "ve lo meritate alberto sordi"). Questo Andreotti è grandioso, epico, solitario, assillato dai padri inibenti (Moro, De Gasperi...), sovra umano e mitologico. Ti ricordi Tony Montana in Scarface di De Palma? Un cattivo post moderno, consapevole del ruolo, che al ristorante si alza e dice "ma dove lo trovate un cattivo come me? ecco , siamo da quelle parti lì, anche se ci siamo arrivati per altre strade... averne di denigratori simili. e adesso vado a vedermi le svarionate che saranno riusciti a dire ieri ad anno zero.
cb