lunedì 28 dicembre 2009

La Presa di Roma su Milano Finanza

La Presa di Roma di Cerasa svela un Alemanno inedito

Nei giorni in cui il centro-destra candida Renata Polverini, segretaria dell'Ugl, alla presidenza della regione Lazio, mentre il centro-sinistra, ancora preda dei postumi del caso Marrazzo, non ha ancora trovato il suo campione, è sicuramente utile leggere La Presa di Roma, il bel libro che Claudio Cerasa ha dedicato al ciclone elettorale che poco più di un anno fa ha spazzato via il «Modello Roma», quel misto di strategia di comunicazione e potere reale che ha gestito la Capitale per quindici anni, durante i quattro mandati di Francesco Rutelli e Walter Veltroni.

Il libro, edito dalla Bur, si legge d'un fiato. Montato come un'inchiesta giornalistica non trascura la profondità d'analisi più tipica del saggio, riuscendo a radiografare i perché di una sconfitta storica, ma anche a raccontare ciò che c'è dietro la strategia del nuovo sindaco, Gianni Alemanno, impegnato a conquistare tutti i gangli di potere, anche quelli più nascosti, che muovono una realtà complessa com'è Roma. Già perché a franare il 28 aprile del 2008 non è stata solo una maggioranza politica, ma anche un accordo trasversale che ha guidato, con la tradizionale riservatezza dei due sottoscrittori, ogni scelta fondamentale per la Capitale. L'accordo siglato dai due «gemelli diversi», Goffredo Bettini e Gianni Letta. Cerasa, giovane cronista del Foglio (è nato a Palermo nel 1982), è abituato, infatti, a cercare cosa si muove sotto la superficie della cronaca politica, così nel suo libro racconta tutti i retroscena di una battaglia ancora in corso e di cui non si è ancora trovata traccia sulle pagine dei quotidiani. Lo scontro tra il sindaco e il principale collaboratore del premier Silvio Berlusconi. Sì, perché se Bettini è finito in un cono d'ombra dopo che Walter Veltroni (di cui era una sorta di Richelieu) ha lasciato anche la segreteria del Pd, Letta è ancora in sella, ben deciso a non perdere la presa. (riproduzione riservata)

La Presa di Roma sulla Stampa

A guardarci dentro e guardarci dietro, la conquista del Campidoglio da parte di Gianni Alemanno (ormai un anno e mezzo fa, e contro un ex sindaco, Francesco Rutelli, che aveva portato in fondo due mandati di buoni successi) ha una quantità di spiegazioni, e non tutte scontate. E per esempio salta fuori che uno alla Gianni Letta, dipinto dalla pubblicistica come quello che vola altissimo, fra servizi segreti d'eccellenza ed eccellenze cardinalizie, tutto un potere gestito all'ombra e a maggior gloria del premier, ecco, uno alla Gianni Letta coltiva le sue mille influenze nella capitale sin da quando dirigeva il Tempo, e naturalmente all'ombra continua a coltivarle.

Oppure salta fuori, pi dettagliato del previsto, l'improvviso sodalizio tra Alemanno e Francesco Gaetano Caltagirone; perché a Roma non si vince se non si hanno i palazzinari dalla propria. In verità, a Roma non si vince se non si hanno i palazzinari dalla propria, ma anche le municipalizzate, oppure i circoli della bella gente danarosa, nobile e annoiata. Non si vince se non si hanno dalla propria i tassinari che di colpo, in tempo d'elezioni, tralasciano di sintonizzarsi sulla solita stazione full-football e si danno all'informazione politica e alla propaganda coi clienti in un circolo virtuoso ed efficacissimo. Non si vince se il Vaticano non strizza l'occhio, Non si vince (era il pregiudizio) specialmente se il centro storico, fighetto e radical chic, tutto una botteguccia, un aperitivo, tutto una pashmina e una spettinatura eccetera, sta dall'altra parte. Una delle pi felici intuizioni di Claudio Cerasa, giovane cronista del Foglio, è stata quella di cominciare il suo fitto e dovizioso libro (La presa dì Roma, Bur, pp. 218, 9,80) dalla constatazione fattuale che le periferie hanno stretto il centro - lo hanno accerchiato - riducendolo a enclave del birignao, che poi non è una cosa piovuta dal cielo, visto che già alle Politiche del 2006 molte borgate avevano scelto la Casa delle libertà.

E per lì c'è stata la presa d'atto che la strategia veltroniana del concertume, delle notti bailade dei red carpet, era una strategia ch forse portava del prestigio, l'applauso dell'intellighenzia, ma ai margini del l'impero si restava nel solito degrado che non è soltanto buca nella strada, Sono almeno tre o quattro i capitoli che sanno spiegare in profondità le ragioni dell'inatteso trionfo dell'onda nera (come sciaguratamente la definì Rutelli), quello sui tassisti, coi ritratti dei peggiori ceffi della categoria, quello sull'oro dei circoli, con la fotografia di gruppo dell'eterno generone danaroso incapace di mettere il tappo alle piscine, quello sulla finanza che decide di puntare su un cavallo nuovo per proseguire la cavalcata. E, forse per la ragione che il libro è stato concepito a ridosso del trionfo, ne viene fuori la figura di un Alemanno intelligente, scaltro, ben posizionato e agganciato, e cioè il vero uomo della successione a Silvio Berlusconi, una successione che già oggi pare sfiorita.
Mattia Feltri
17/12/09