lunedì 28 dicembre 2009

La Presa di Roma sulla Stampa

A guardarci dentro e guardarci dietro, la conquista del Campidoglio da parte di Gianni Alemanno (ormai un anno e mezzo fa, e contro un ex sindaco, Francesco Rutelli, che aveva portato in fondo due mandati di buoni successi) ha una quantità di spiegazioni, e non tutte scontate. E per esempio salta fuori che uno alla Gianni Letta, dipinto dalla pubblicistica come quello che vola altissimo, fra servizi segreti d'eccellenza ed eccellenze cardinalizie, tutto un potere gestito all'ombra e a maggior gloria del premier, ecco, uno alla Gianni Letta coltiva le sue mille influenze nella capitale sin da quando dirigeva il Tempo, e naturalmente all'ombra continua a coltivarle.

Oppure salta fuori, pi dettagliato del previsto, l'improvviso sodalizio tra Alemanno e Francesco Gaetano Caltagirone; perché a Roma non si vince se non si hanno i palazzinari dalla propria. In verità, a Roma non si vince se non si hanno i palazzinari dalla propria, ma anche le municipalizzate, oppure i circoli della bella gente danarosa, nobile e annoiata. Non si vince se non si hanno dalla propria i tassinari che di colpo, in tempo d'elezioni, tralasciano di sintonizzarsi sulla solita stazione full-football e si danno all'informazione politica e alla propaganda coi clienti in un circolo virtuoso ed efficacissimo. Non si vince se il Vaticano non strizza l'occhio, Non si vince (era il pregiudizio) specialmente se il centro storico, fighetto e radical chic, tutto una botteguccia, un aperitivo, tutto una pashmina e una spettinatura eccetera, sta dall'altra parte. Una delle pi felici intuizioni di Claudio Cerasa, giovane cronista del Foglio, è stata quella di cominciare il suo fitto e dovizioso libro (La presa dì Roma, Bur, pp. 218, 9,80) dalla constatazione fattuale che le periferie hanno stretto il centro - lo hanno accerchiato - riducendolo a enclave del birignao, che poi non è una cosa piovuta dal cielo, visto che già alle Politiche del 2006 molte borgate avevano scelto la Casa delle libertà.

E per lì c'è stata la presa d'atto che la strategia veltroniana del concertume, delle notti bailade dei red carpet, era una strategia ch forse portava del prestigio, l'applauso dell'intellighenzia, ma ai margini del l'impero si restava nel solito degrado che non è soltanto buca nella strada, Sono almeno tre o quattro i capitoli che sanno spiegare in profondità le ragioni dell'inatteso trionfo dell'onda nera (come sciaguratamente la definì Rutelli), quello sui tassisti, coi ritratti dei peggiori ceffi della categoria, quello sull'oro dei circoli, con la fotografia di gruppo dell'eterno generone danaroso incapace di mettere il tappo alle piscine, quello sulla finanza che decide di puntare su un cavallo nuovo per proseguire la cavalcata. E, forse per la ragione che il libro è stato concepito a ridosso del trionfo, ne viene fuori la figura di un Alemanno intelligente, scaltro, ben posizionato e agganciato, e cioè il vero uomo della successione a Silvio Berlusconi, una successione che già oggi pare sfiorita.
Mattia Feltri
17/12/09

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