martedì 27 aprile 2010

La presentazione con Veltroni, Alemanno, Regina, Mondello, Pambianchi all'Aniene

Ho presentato ieri sera al circolo canottieri Aniene il mio libro su Roma – la Presa di Roma – con parecchie persone che su questa città non la pensano necessariamente come me ma con cui è stato davvero un piacere chiacchierare. C’erano Gianni Alemanno, Walter Veltroni, Aurelio Regina, Andrea Mondello, Cesare Pambianchi, Giovanni Malagò e Luisella Costamagna. Abbiamo parlato di diversi argomenti contenuti nel mio libro e alcune cose dette secondo me meritano di essere raccontate. I tre relatori più legati al mondo imprenditoriale romano (Mondello, che è presidente della Camera di Commercio, Pambianchi, che è numero uno dei commercianti di Roma, e Regina, numero uno degli industriali romani) erano sostanzialmente d’accordo con una cosa che dico in maniera chiara nel mio libro. Lo hanno detto loro stessi: la presa di Roma è avvenuta perché gli amministratori (di sinistra) della Capitale hanno privilegiato troppo un piccolo gruppo di imprenditori della città; e gli altri, loro compresi, si sono ribellati. Alemanno è stato cortese e critico nei confronti del mio libro. Ha letto il finale del libro, in cui spiego come il sindaco di Roma ha tutte le carte per potersi presentare alla fine del suo mandato come candidato alla presidenza del consiglio, e sfottendomi un po’ ha detto che pensare a una cosa del genere porta Jella, “guardate – ha detto con Veltroni che lo guardava sconcertato – come sono finiti gli altri sindaci di Roma che hanno provato a fare i presidenti del consiglio”.

Una cosa che il sindaco di Roma non ha invece ben compreso del mio libro riguarda il tipo di descrizione che faccio della città. Alemanno sostiene che la Presa di Roma sia un romanzo storico in cui Roma viene descritta come un insieme di gente senza scrupoli e di malaffare che scorazza per la città, “quasi come se fosse una Chicago degli anni Trenta”. Io ho cercato di spiegare al sindaco che descrivere la meccanica della conquista della città comporta anche il dover mostrare i volti delle persone di potere che tentano ogni giorno di influenzare le scelte degli amministratori della Capitale, e a Roma queste persone ci sono. Niente di male: gli uomini di potere, specie quelli che fanno girare un sacco di soldi nella città, sono importanti perché se vengono coinvolti con intelligenza negli affari della città sono in grado di produrre ricchezza per la stessa città. Un conto però è collaborare con loro, un altro è seguire la loro agenda. Ho fatto poi notare ad Alemanno che Roma è una città che ha il pregio di essere in continua evoluzione da ormai diversi anni. Roma, chi ci vive lo sa, è una città dove non si vive benissimo ma dove si vive certamente meglio di qualche anno fa. La sicurezza, checché se ne dica in campagna elettorale, è un problema che riguarda più la percezione che altro: dal 2007 a oggi il trend dei reati segna un calo continuo e il merito è di tutti: sia del sindaco precedente sia di quello attuale. Veltroni – che parlando con Giovanni Malagò, presidente del Circolo Aniene, ha lanciato un messaggio piuttosto chiaro a Bersani: “Caro Giovanni, in Italia funziona che quando si amministra qualcosa o si governa qualcosa chi viene dopo di te tende sempre a voler azzerare tutto quello che tu hai fatto spiegando sempre, in modo davvero bizzarro, che bisogna ricominciare da zero” – ha invece contestato in modo garbato una dei temi secondo me più delicati che esamino nella prima parte del libro. Io sostengo che la sinistra a Roma, specie nelle ultime elezioni, abbia fatto emergere in maniera clamorosa uno dei suoi tratti più deficitari nelle sue politiche attuali: attenzione zero per le periferie. Quello che nel libro chiamo il modello campo de fiori è un esempio di schema politico che dedica molte attenzioni al centro della città e che si ritrova costretto a trascurare le zone periferiche.

Veltroni dice che sostenere che la sinistra abbia trascurato le periferie è una baggianata. Riguardando però con attenzione non soltanto i dati con cui Alemanno ha battuto Rutelli nel 2008 (due terzi dei voti sono arrivati dalle periferie, e non è poco) ma anche le ultime elezioni regionali (nel Lazio, il centrosinistra ha perso perché ha perso tutte le province periferiche) e anche gli ultimi risultati nazionali (il centrosinistra in Italia, fateci caso, non riesce a essere maggioranza in nessuna delle regioni periferiche italiane) il dato che la sinistra non sappia più farsi interprete delle esigenze locali dei suoi elettori purtroppo mi sembra un dato di fatto. Altra cosa che poi ho segnalato nella mia replica agli ultimi due sindaci di Roma. Si può pensare ciò che si vuole di Veltroni e di Alemanno e persino di Rutelli, ma c’è un dato di fatto incontestabile che va preso in considerazione quando si parla delle leadership romane. Non c’è nessun’altra città italiana – né Milano, né Torino, né Napoli, né Palermo: nessuna – che sia stata capace di produrre negli ultimi anni una nuova classe dirigente come quella romana. Veltroni, Rutelli e secondo me anche Alemanno, rappresentano, o in certi casi hanno rappresentato, tre modelli di leadership nazionale che possono piacere o non piacere ma che non sono passate inosservate. Alemanno dice che non ha intenzione di candidarsi tra tre anni a Palazzo Chigi. Bene, vedremo se manterrà la promessa.

Qui tutte le cose che sono uscite sulla serata di ieri

RIFORME: ALEMANNO, IL FEDERALISMO FISCALE? MAGARI ARRIVASSE SUBITO (ASCA) - Roma, 26 apr - ''Magari arrivasse presto il federalismo fiscale''. A dirlo il sindaco di Roma Gianni Alemanno nel corso della presentazione del libro di Claudio Cerasa ''La presa di Roma'' presentazione ancora in corso al circolo canottieri Aniene alla presenza tra gli altri anche di Walter Veltroni e del presidente dell'Unione Industriali, Aurelio Regina. Alemanno ha spiegato che ''il fatto di essere capitale e' un macigno che ci portiamo sulle spalle'' e per questo ha posto l'accento sulla necessita' che si arrivi presto al federalismo fiscale. Alemanno ha anche spiegato che dal 1870 in poi in questo paese non si sono mai fatti i conti col fatto che Roma e' la capitale e non un qualsiasi comune. bet/sam/lv 262042 APR 10 NNNN

ROMA: ALEMANNO, PD SI LIBERI DA CHOC E FACCIA OPPOSIZIONE CONSAPEVOLE Roma, 26 apr. (Adnkronos) - "Il pd si liberi da choc e traumi accumulati come il Comune di Roma e la Regione e faccia un'opposizione piu' composta e consapevole". E' quanto ha dichiarato il sindaco di Roma Gianni Alemanno intervenendo oggi al Circolo Canottieri Aniene alla presentazione del libro di Claudio Cerasa, 'La presa di Roma', rispondendo all'ex sindaco di Roma Walter Veltroni che accusava l'opposizione di avere una aplomb poco anglosassone. Il sindaco di Roma ha inoltre aggiunto di avere spesso problemi "per trovare interlocutori con i quali affrontare i problemi romani". (Cap/Gs/Adnkronos) 26-APR-10 21:00 NNNN

COMUNI:ROMA;VELTRONI,MAI INTERVENTO BETTINI IN NOSTRE SCELTE (ANSA) - ROMA, 26 APR - ''Voglio sgombrare il campo da un dubbio: Goffredo Bettini non e' mai intervenuto nelle scelte che abbiamo fatto a Roma, cosi' come Gianni Letta, che io ho sempre definito il volto umano dello schieramento avversario, lo chiamavo quando c'erano dei corto circuiti''. Lo ha detto l'ex sindaco di Roma, Walter Veltroni, oggi deputato, durante la presentazione del libro di Claudio Cerasa, caporedattore de Il Foglio, 'La presa di Roma', alla quale ha preso parte anche il sindaco Gianni Alemanno. Veltroni ha sottolineato di essere tornato a parlare di Roma, tranne alcune occasioni specifiche, dopo due anni. ''Quando si cambia lavoro - ha aggiunto - si cambia lavoro e non si deve intralciare chi viene dopo di te. Verra' il tempo per un giudizio su Alemanno ma questo non e' il luogo''. L'ex sindaco ha parlato dell'Italia anche come di un paese dove ''chi e' eletto deve dimostrare di cominciare da zero. E' un paese fatto cosi'''.(ANSA). TAG/IMP 26-APR-10 21:16 NNN

COMUNI: ROMA; VELTRONI A ALEMANNO, SARAI SINDACO FORMULA 1 (ANSA) - ROMA, 26 APR - ''Quando finirai il tuo mandato sarai considerato il sindaco della citta' della Formula 1, come qualcuno ha parlato di me come il sindaco della Festa del Cinema che, viva Dio, abbiamo fatto bene a realizzare''. Lo ha detto l'ex sindaco di Roma Walter Veltroni, oggi deputato, durante la presentazione del libro di Claudio Cerasa, caporedattore de Il Foglio, 'La presa di Roma', dove era presente anche il sindaco Gianni Alemanno.(ANSA). TAG/IMP 26-APR-10 21:22 NNN

COMUNI: ROMA; ALEMANNO, SINDACO PER FARE SCALATA?PORTA IELLA (ANSA) - ROMA, 26 APR - ''Nel libro leggo che starei cercando di fare cio' che hanno fatto in precedenza Rutelli e Veltroni, utilizzando Roma per fare una scalata nazionale. Ma loro non ci sono riusciti e ora, secondo Cerasa, ci starei provando anche io. Non c'e' nulla che porti piu' iella di pensare una cosa del genere''. Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, durante la presentazione del libro di Claudio Cerasa, 'La presa di Roma'. ''Quello di Cerasa - ha aggiunto - e' un libro dove Roma viene descritta come una serie di bande di simpatici mascalzoni. Per fortuna le cose non stanno cosi'. Non lo definirei un libro di cronaca ma un bel romanzo storico''.(ANSA). TAG/SCN 26-APR-10 21:23 NNNù

PDL: VELTRONI, GIANNI LETTA IL VOLTO UMANO DELLO SCHIERAMENTO AVVERSARIO MAI INTERVENUTO COME DEL RESTO GOFFREDO BETTINI Roma, 26 apr. (Adnkronos) - "Goffredo Bettini non e' mai intervenuto in alcuna scelta amministrativa, ma nemmeno Gianni Letta. Il 'volto umano' dello schieramento avversario. Lo chiamavo soltanto quando c'erano cortocircuiti da risolvere, come quello sulla casa". E' quanto ha dichiarato l'ex sindaco di Roma Walter Veltroni, intervenendo oggi accanto al sindaco di Roma Gianni Alemanno al Circolo Canottieri Aniene alla presentazione del libro di Claudio Cerasa, 'La presa di Roma'. (Cap/Opr/Adnkronos) 26-APR-10 21:23 NNNN

ROMA: ALEMANNO, OPPOSIZIONE SUPERI TRAUMA PERDITA CAMPIDOGLIO (AGI) - Roma, 26 apr. - "L'opposizione e il Pd di Roma si liberino dai traumi accumulati in questi due anni e cerchino di fare un'opposizione piu' composta e consapevole. Spesso ho difficolta' a trovare interlocutori". Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, intervenendo in serata alla presentazione del libro "La presa di Roma" del giornalista Claudio Cerasa. All'evento ha partecipato l'ex primo cittadino Walter Veltroni che aveva stigmatizzato "quel costume nazionale, poco anglosassone, per cui chi giunge al potere giudica negativamente il lavoro di chi e' venuto prima". Tuttavia, secondo Alemanno le polemiche rispetto alle passate amministrazioni non sono da attribuire solo al contegno dell'attuale maggioranza ma anche a quello dell'opposizione, "che non ha avuto la maturita' di capire che abbiamo ereditato problemi pesanti che non erano certo provocati dai nostri pochi mesi di governo". (AGI) Cli/Chi/Dma/Fra 262134 APR 10 NNNN

ROMA: VELTRONI, SINISTRA PERSE PER PERIFERIE? E' UNA BAGGIANATA (AGI) - Roma, 26 apr. - "E' una baggianata dire che le periferie hanno condannato il centrosinistra" alle ultime elezioni comunali vinte dall'attuale sindaco Gianni Alemanno, e che "siano state il principale motore di uno spostamento degli equilibri politici nella citta'". E' quanto ha sostenuto l'ex primo cittadino della capitale, Walter Veltroni, intervenuto in serata alla presentazione del libro 'La presa di Roma' del giornalista Claudio Cerasa. Era presente anche lo stesso sindaco Alemanno, che pero' ha una lettura diversa di quanto accadde due anni fa: "nei quartieri centrali ha vinto il centrosinistra, ma nelle periferie abbiamo vinto noi ovunque". Una ricostruzione che, secondo Veltroni, sarebbe invece smentita dai dati: "le periferie hanno votato per noi sia nel 2006 che nel 2008 - ha concluso - e questo non sarebbe potuto accadere se le avessimo governate male". (AGI) Cli/Stp 262152 APR 10 NNNN

La Presa di Roma su Repubblica/2

«Si parla di "Presa di Roma" come se fare il sindaco per me volesse dire ricalcare le orme di Rutelli e Veltroni e utilizzare il Campidoglio per tentare poi il colpaccio al potere nazionale. Non mi interessa, anche perché non c´è niente che porti più iella». Ironizza il sindaco Gianni Alemanno sul suo possibile futuro da premier e sgombra il campo da dubbi su una scalata a Palazzo Chigi nel 2013.
L´intervento del primo cittadino arriva durante il dibattito sul libro del caporedattore de "Il Foglio" Claudio Cerasa dal titolo appunto "La Presa di Roma" (Rizzoli) che racconta l´evoluzione di una città da Rutelli al modello Roma di Veltroni e del suo deus ex machina Goffredo Bettini fino alla capitale "espugnata" dal centrodestra e ai diciotto mesi di governo alemanniano.
Una presentazione alla quale ha partecipato anche l´ex sindaco Walter Veltroni. «Dopo due anni, tranne specifiche occasioni in cui mi era richiesto, torno a parlare di Roma - sottolinea un Veltroni in grande forma - Quando si cambia lavoro, si cambia e non si deve intralciare chi viene dopo di te».
Poi, quando inizia a parlare della sua città, Roma, è un fiume in piena. «Abbiamo cercato di scardinare tutti i pregiudizi su Roma: che fosse pigra, che qui nessuno lavora, una metropoli di ministeri senza però anima e dove i potentati economici sono i padroni - racconta il parlamentare - Prima di Rutelli c´erano gli assessori che venivano portati via dalla polizia perché si rubavano anche i piattini, poi l´immagine è stata cambiata anche realizzando l´Auditorium, il nuovo Car, la nuova Fiera di Roma, i cantieri per la metro. Avevamo un´idea di città che abbiamo messo in campo, giusta o sbagliata che sia, ma senza spirito e anima non si governa».
E ancora: «Mi ricordano per la Festa del Cinema e meno male che l´abbiamo fatta perché ha rilanciato il turismo, tu invece sarai il sindaco della Formula 1». Nel libro si analizza la sconfitta del centro-sinistra proprio a partire dalle periferie e Veltroni sottolinea: «È lì che abbiamo fatto il grosso del nostro lavoro, non abbiamo perso, è una baggianata perché abbiamo preso il 40% dei voti». Smentisce Alemanno che ammette di consacrare la sua vittoria proprio grazie alle periferie.
«Nelle zone centrali ha vinto la sinistra, ma in periferia noi ovunque. E questo grazie al rigore e alle regole che vogliamo dare a Roma. Ora la città è più sicura, lo dicono i dati sulla diminuzione dei reati», precisa il primo cittadino e aggiunge «La Presa di Roma è un bel romanzo su Roma, ma scollato dalla realtà». Replica fermo Claudio Cerasa: «Un libro scritto in modo romanzato certo, ma che descrive la città con tanti dati e molte interviste. È il tentativo di descrivere le leadership di Roma e i meccanismi di conquista di una città».
27 aprile 2010

Laura Serloni

venerdì 9 aprile 2010

La Presa di Roma su Sette

La buona novella venne annunciata nel gennaio 2001, sull'"Espresso". Addio circoli del tempo che fu, quelli con le riunioni conviviali una volta al mese, coi soci legati da solide consuetudini, facili sintonie che si traducevano in chiacchierate da cui poteva dipendere il mondo, o, almeno la parte del medesimo più a portata di mano. No, d'ora in poi nessun bisogno di maggiordomi assidui, regole sconvolgenti come il divieto ai telefonini e, tantomeno, di appuntamenti inevitabilmente difficili da rispettare. Tutto in rete. A distanza. A qualunque ora. Era nato Retronet: «L'ultimo club vip della new economy. Quindici soci fondatori, una sede più virtuale che reale... L'obiettivo di unire in un solo gruppo i primi animatori del web italiano». Nove anni dopo, di Retronet si sono perse le tracce.È l'epoca dei social network, dall'universale Facebook a Odnoklassniki che pare funzioni solo in Azerbaijan, tutti impegnati a infrangere la barriera del numero di Dunbar, quella che fisserebbe a 150 persone il massimo possibile di una rete sociale. Ma, ai livelli più alti della società, non accenna a decadere l'importanza dei cenacoli, degli 'inner circle', delle confraternite. Con sedi in palazzi antichi, poltrone in cuoio un po' usurate, foresterie dove impera l'etichetta o, almeno, appuntamenti fissi in alberghi e ristoranti dal consolidato buon nome. Proliferano, anzi. Luoghi d'eccellenza di quello che oggi si chiama "capitalismo di relazioni".I circoli cosiddetti "sociali" sono i più esclusivi, origini spesso ottocentesche e albo dei soci denso di blasoni aristocratici. Sono 18 in Italia - quelli dell'Unione in varie città, gli Scacchi e la Caccia a Roma, il Clubino a Milano e il Whist a Torino, per citare i più noti - e hanno appena aggiornato il loro elitario annuario con una nuova adesione, quella del Teatro di Brescia. A Genova, il Tunnel si chiama "Circolo artistico", ha dovuto risolvere problemi di sede - si sta trasferendo in Palazzo Doria - ma si decidono comunque lì le cariche importanti di armatori e industriali cittadini. L'ingresso nei club milanesi è un'avventura pericolosa dove si guadagna prestigio ma ci si può anche scottare con imprevisti rifiuti. E nei circoli sportivi romani vengono calibrati gli assetti delle più importanti aziende di Stato, a partire dalla presidenza Rai, individuata nello spogliatoio dei Canottieri Roma, dove molto ha giovato la contiguità di armadietti fra Gianni Letta e Paolo Garimberti.
Il circolo come mutuo soccorso - I circoli sportivi della capitale fanno caso a sé. Concentrati sulla sponda del Tevere a monte della città hanno meritato un capitolo - 'L'oro dei circoli' - nel libro di Claudio Cerasa, 'La presa di Roma' (Rizzoli): «Non c'è stato politico che non si sia preoccupato di come gestire e di come possibilmente sfruttare, il potenziale che si nasconde dietro i circoli sportivi, e in modo particolare dell'Aniene».Con buona continuità fra Prima e Seconda Repubblica. Il cinema, in questo caso, è prova di verità. Col bozzetto di Andreotti - in 'Il Divo'di Sorrentino - quando analizza freddamente la situazione e non è l'accusa di mafiosità a preoccuparlo ma le cose minime: «Mi scoraggia che sono stato rimosso dalla presidenza dei circoli musicali». E con l'apoteosi dei circoli sportivi romani dipinta da Christian De Sica in 'Simpatici e antipatici' (dove Cesare Previti è incarnato alla perfezione da Gianfranco Funari).Dal suo osservatorio di Dagospia, Roberto D'Agostino commenta: «Cosa era rimasto al generone romano una volta preso il sopravvento dal punto di vista economico? Fare la parte del genero ricco che salva il palazzo patrizio. E diventare socio del circolo, accanto a quelli che hai salvato dalla rovina.Sono mutui soccorsi che funzionano benissimo».L'Antico Tiro a Volo - in cima ai Parioli - raccoglie un'alta percentuale di personalità del mondo giudiziario e delle Authority, fino alla Corte Costituzionale. Presieduto dall'avvocato Michele Anastasio Pugliese, conta fra i soci Domenico Fisichella, Antonio Catricalà, Luigi Mazzella, Franco Frattini, Lino Denise, Corrado Calabrò. Dice Salvatore Taverna, già cronista mondano del 'Messaggero', "il poeta della notte" come lo chiamava Fellini: «In estate si fa lì la più bella festa dei circoli. Molto tradizionale e molto elegante». Ai Canottieri Roma è stato presidente fino al 2008 Gianni Battistoni (ora il ruolo è coperto da Andrea Tinarelli, dirigente dell'Unicredit). È lì che venne girato il film di De Sica. Battistoni se n'è pentito - «Mi seccai molto, dopo. Perché prendeva in giro i Canottieri Lazio» - e ridimensiona il potere che si concentra nel circolo: «Certo, abbiamo soci importanti, ma l'amalgama resta lo sport. Magari il modello americano è dove si vorrebbe arrivare, col lobbismo, gli scambi di opportunità e i grandi accordi. Ma qui non ci si riesce perché subentra la goliardia e non è mai una cosa seria. E poi so per definizione che dagli amici non si ottiene mai niente. Noi siamo gemellati col New York Athletic Club: lì c'è la Hall of Fame, la lapide dei caduti per la patria, le giacche del club all'ingresso. Figuriamoci. Magari altrove...». Altrove significa Canottieri Aniene, col presidente Giovanni Malagò, detto anche maliziosamente Megalò. «Costa caro. Ma tanto te li rifai», si dice in giro riferendosi all'iscrizione. Malagò è in pista dopo un salutare massaggio alle nove di mattina, memore delle lezioni dell'avvocato Agnelli che lo trattava da proconsole nella capitale: «Le nostre regole? Come la Costituzione che recita "promuovere lo sport". Ridicolo pensare ad altre cose, a un centro alternativo alle situazioni esistenti di potere. C'è spirito sociale. Una cosa diversa dal lobbying. Nel senso che il socio medico ti indica dove andare a curarti se ne hai bisogno». Altre volte Malagò è meno decoubertiniano. Nel libro di Cerasa dichiara: «Da un lato ci sono le medaglie olimpiche... Dall'altro c'è tutto quello che riguarda la vita di imprenditori, manager, professionisti, banchieri, giornalisti e costruttori romani, il clima che si crea nella nostra struttura ha dato la possibilità di dar vita ad aggregazioni tra banche, di favorire molti accordi strategici per la città, di firmare alleanze tra imprenditori e di trovare importanti intese politiche. È successo spesso che soci illustri dell'Aniene abbiano concluso grandi affari nel nostro circolo, ma questo avviene in maniera non voluta. Diciamo pure casuale: qui si mangia, si gioca a tennis, si fuma un sigaro, si parla, non so, della Roma calcio, dell'Alitalia, scattano meccanismi di complicità, si risolvono i problemi e si concludono accordi». Col medesimo Malagò spesso coinvolto in prima persona (Air One, Technimont, Unicredit, Auditorium...). In effetti, il presidente ama raccontare le rivalità interne fra canottieri (Alberto Tripi, Enrico Vanzina) e runner (Matteo Montezemolo, Giampaolo Letta, Salvatore Rebecchini), ma ci sono anche nervosismi meno effimeri. Quelli di un socio da mezzo secolo, per esempio, Maurizio Clerici, già olimpionico di canottaggio: «Il problema è che all'Aniene prima si fanno affari e poi si pensa al resto. Quando ti trovi a pagare trentamila euro di tassa d'ingresso per far parte di questa lobby è come se tu entrassi in una grande società di azioni da cui, naturalmente, pretendi di ricavare qualcosa».Ricchezza e nobiltà - Se i circoli sportivi, sulla scia di quelli romani, sembrano badare al sodo di affari, cariche e alleanze, quelli sociali rimarcano la differenza di stile dilettandosi in amabili diaspore. Così a Torino l'antico club del Whist e Accademia Filarmonica - in piazza San Carlo, fondatore nel 1841 Camillo di Cavour - si divide in compagnie dai nomi birichini: i "mandrilli", i "farfalloni", i "gianduiotti", i "pompelmi" (nati come caricatura di un altro gruppo, i "mandarini", ma nel senso cinese). «I mandrilli erano i più brillanti. Ma ormai si sono estinti per ragioni anagrafiche», spiega il presidente Alessandro Sclopis di Saleano, precisando che al Whist non si è ostili ai sottogruppi all'interno del circolo, altre, semmai, sono le cose da evitare: «Ci uniscono le manifestazioni culturali. Chi parlasse di business sarebbe guardato di cattivissimo occhio». Del resto, qui non sono mai entrati - nè hanno fatto domanda - tanti nomi importanti della Torino industriale come Romiti, De Benedetti e, oggi, Marchionne. Apolitico e aconfessionale, l'aristocratico club registrò un terremoto nel dopoguerra, ovvero l'epurazione degli ufficiali che avevano giurato per Salò: «Perché non si giura due volte. E loro avevano già giurato per il Re».Vicende di corti e dinastie hanno turbato anche la vita dei due circoli romani più aristocratrici, la Caccia e gli Scacchi. Col primo nato liberaleggiante, nel 1870, visto che fece subito presidente onorario Umberto I suscitando l'ostilità della Segreteria di Stato in Vaticano. E il secondo che se ne separò come costola della nobiltà nera. Oggi le parti si sono invertite: la Caccia resta quasi esclusivamente nobiliare mentre gli Scacchi «si sono aperti al mondo moderno, cerchiamo l'aristocrazia dei tempi in cui viviamo: uomini di cultura, delle istituzioni, delle grandi cariche statali. Persone come Giulio Tremonti. È correttissimo, quando entro e lui è seduto a un tavolo si alza sempre: "Lei qui è il mio presidente"», spiega don Giulio Patrizi di Ripacandida, da nove anni presidente. Che ha comunque il suo daffare dentro Palazzo Rondanini, in via del Corso, ottava sede del Circolo dalla fondazione. Deve fronteggiare la concorrenza esterna - «Ora c'è la tendenza a frequentare l'Aniene che attira di più per il tipo di incontri, lì c'è un giro di uomini d'affari» - e, all'interno del circolo, i soci più legati al passato. Quelli che brontolano davanti alla decisione di aprire al secondo piano la "Sala dell'insalata ricca", un ambiente dedicato al lunch dove si possono accogliere ospiti, frequentato ogni giorno da una cinquantina di persone, soprattutto i membri più giovani. «La sala soci, al terzo piano, chiusa agli esterni, finiva per essere usata solo dai più anziani. Li, il cerimoniale è rigido anche se non scritto: non ci si alza se non si alza il presidente, e la sua sedia deve restare vuota; se poi lui non arriva e ci sono molti soci in attesa, il posto viene assegnato, se poi il presidente arriva, chi ha occupato la sua sedia deve offrire champagne a tutti». Al terzo piano, ora, si ritrova una decina di anziani signori che fanno un po' di fronda in vista delle prossime elezioni a novembre: «Capisco che si sentano un po' isolati. Ma io non posso ignorare i giovani che rappresentano l'avvenire del circolo per favorire l'esclusività». L'ispirazione britannica dei circoli cresce nell'Italia settentrionale. Discrezione e riservatezza sono parole d'ordine infrangibili alla Società del Giardino o al Clubino, a Milano. Fra i seicento soci del Clubino, dal 1901, si contano tutte le famiglie dell'alta borghesia milanese, assieme a una quota aristocratica che all'epoca fuggì dall'ingessatissima Unione in cerca di maggior vivacità. Ma resta in vigore l'avviso di Giovannino Sforza, presidente nei primi anni Ottanta: «Se pensate di venire qui per fare affari con i soci vi sbagliate di grosso». Così è cortesemente sconsigliato portarsi penna e carte da lavoro in sala da pranzo, come pure fa alzare molte sopracciglia lo squillo di un cellulare. Spiega l'odierno presidente, Gian Giacomo Attolico Trivulzio: «Qui è come si fosse in una casa privata. Circoli di questo tipo, va ricordato, non sono luoghi aperti al pubblico». Per evitare, poi, le consuetudini ristrette e la formazione di sottogruppi (scoraggiati, qui, a differenza di altrove), l'accesso ai tavoli è rigorosamente in ordine d'arrivo. E un'atmosfera non troppo distante (anche se minigruppi ci sono: barbieri, cafoni, baccalaioli...) si respira a Napoli, al Circolo del Remo e della Vela Italia che custodisce la passione marinaresca dell'alta borghesia partenopea: «È difficile si facciano affari, qui. Ci conosciamo tutti fra noi, da anni. È così che arrivano anche le otto, dieci nuove iscrizioni ogni anno», ragiona il vicepresidente Giuseppe "Picchio" Milone.
M'iscrivo anch'io? No, tu no - Il capitolo delle bocciature e delle esclusioni è il più delicato, spesso segreto. Fece scalpore, al Clubino di Milano, quella di Alessandro Benetton nel 2007 (pare che, anni prima, fosse andata male anche a Gianmarco Moratti): un terremoto, anche perché la proposta e la presentazione aveva coinvolto soci eminenti come Gerardo Braggiotti, Cario Bonomi e Gaddo della Gherardesca. Un altro Gherardesca, invece, era stato coinvolto nella lunga contesa che segnò l'ingresso di Roberto Gucci nell'assai aristocratica Unione di Firenze. I casati più illustri si schierarono da una parte o dall'altra. Contrari i fratelli Pucci, Emilio e Puccio: Gucci è un nome senza storia. E Guelfo della Gherardesca, dal campo avverso, gelò Emilio con una memorabile battuta: «Attento, nell'elenco del telefono ci sono un paio di pagine di Pucci. Di Gherardesca ci siamo solo io e mio fratello». Invece, davanti alla lunga anticamera subita per entrare al medesimo circolo, i Pontello, potenti costruttori, trovarono una risposta drastica: si fecero un club in proprio, il Florence (in anni pi recenti, poi, il veto è caduto).A Roma l'altrove trionfante Malagò non ebbe successo alla Caccia, mentre cadde sull'ingresso al circolo degli Scacchi Giovanni Maria Flick: lo sponsorizza un socio eminente come Leopoldo Elia ma i suoi trascorsi di ministro prodiano turbano qualche socio che aspetta il voto per impallinarlo. A Torino, i dirigenti del Whist e Accademia Filarmonica ammettono qualche rifiuto eccellente ma guai a fare nomi e cognomi. Non si va oltre un "comunque bisogna tornare agli anni Novanta", a riprova che funziona bene il meccanismo di filtro e verifica sull'accoglienza di chi già è iscritto.Stoppati a Napoli, al Circolo del Remo e della Vela Italia, Antonio D'Amato e Corrado Ferlaino, mentre è una leggenda metropolitana il no a Diego Della Valle: «È solo che la sua segretaria si informò sulle procedure poi non dette seguito all'iscrizione. Ma noi saremmo ben lieti di accoglierlo. E poi di mare si intende», precisa Milone.Ma l'esclusione più tormentata, in assoluto, è stata quella di Francesco Cossiga. Anche perché ha riguardato entrambi i circoli storici della capitale. Prima, il "picconatore" ci provò con la Caccia. Incontrò in Vaticano Giulio Sacchetti, il presidente, e gli espresse il desiderio di entrare nel Circolo. Sacchetti sondò gli umori dei soci e fece presente a Cossiga che c'era il passaggio non proprio scontato delle palle bianche o nere per l'accettazione. La risposta fu fulminante: «Ma io non ci penso neanche a essere votato. Mi deve nominare come fossi un principe reale». Ritirata sdegnata davanti all'impossibilità di stravolgere il regolamento. Qualche tempo dopo, il tentativo si ripeté con gli Scacchi. Qui, il sondaggio lo fece un socio, il Ragioniere dello Stato Andrea Monorchio. Ne parlò al presidente Patrizi e questo sentì l'umore dei soci. Cbe risultò tutt'altro che calorosamente propizio. Così, davanti al rischio di una bocciatura, anche la seconda candidatura si dissolse. I circoli itinerantiMa c'è un'altra faccia nella galassia dei circoli, anche questa ispirata ad abitudini anglosassoni, dove il piacere di stare insieme non è per forza legato alla consuetudine di un medesimo luogo, di un edificio dove si è riconosciuti all'ingresso dal portiere e dove sappiamo quale è la poltrona più comoda. Sono i cosiddetti circoli itineranti, dove i soci si incontrano a scadenze fisse e non sempre al solito posto, magari in alberghi, ristoranti, dimore storiche, altri club ospitali. Due esempi a Milano si inseguono fin dal nome. Sono gli Amici del giovedì e gli Amici del venerdì. I primi - presidente Giuseppe Diana - si riuniscono a scadenza bisettimanale, ora alla Società del Giardino dopo un lungo periodo al Savini. Impossibile accertare se, come annota qualcuno degli attuali soci, Silvio Berlusconi fosse fra i fondatori, assieme a Giuseppe Prisco e Mario Talamona. Dai sei o sette degli inizi, comunque, i soci oggi sono una quarantina. Fra loro banchieri come Corrado Passera e Pietro Gori, docenti come Enrico De Mita, avvocati come Enzo Paladino, industriali come Giordano Zucchi, Federico Falck, Mario Boselli, Gaetano Marzotto e Giuseppe Stefanel. Gian Galeazzo Biazzi Vergani, presidente dell'editoriale del "Giornale", è, invece, un Amico del venerdì: «Per le adesioni abbiamo due criteri: essere amici o buoni conoscenti di qualcuno che già è socio, e godere di un certo prestigio». Così figurano nel club, che anche questo si riunisce spesso alla Società del Giardino, Umberto Veronesi, Cesare Romiti, Riccardo Chailly, monsignor Buzzi (che ha preso il posto di Gianfranco Ravasi dopo averne ereditato l'incarico alla guida dell'Ambrosiana), Sergio Romano, Bruno Ermolli. L'ultima cooptazione è quella di Remo Cantoni. Nati nell'immediato dopoguerra, gli Amici non sono mai stati più di trenta, oggi sono una ventina. Si ritrovano l'ultimo venerdì del mese, uno dei membri invita e poi tiene una relazione. In febbraio, l'appuntamento si è tenuto all'Ambrosiana invitati da monsignor Buzzi che ha poi parlato di Leonardo da Vinci. C'è un aspetto in cui questo club non differisce dai circoli sociali: «Invitare signore non è proibito ma, quando tentai di farle accettare come socie, la proposta venne bocciata a maggioranza», ricorda Biazzi Vergani. La genesi del Bagatto, è un po' diversa, costruita sull'unione di amici e persone professionalmente ancora in via di affermazione. Il Bagatto è il gruppo di un centinaio di soci, torinesi per tre quarti e il resto milanesi: «È nato 27 anni fa. La matrice sono gli allievi di due-tre scuole superiori torinesi, poi laureati in giurisprudenza e in economia che condividono una visione del mondo moderata. Ma non c'è l'idea di riprofilare una sorta di camera delle corporazioni. È un'occasione di ritrovo seria per scambiarsi esperienze professionali», spiega il presidente Giulio Bencini, consulente finanziario: «Ci ritroviamo un paio di volte al mese a Villa Rey, anche se per l'ultima riunione ci siamo spostati a Venaria. E quando l'incontro si tiene a Milano ci appoggiamo al Manfredo Camperio Club». A Roma, un'idea del genere si declina nel Cenacolo, creato dal giornalista Marco Antonellis, cinque anni fa, con un gruppetto di colleghi. Oggi raduna una trentina di persone che si ritrovano una volta al mese nella sala riservata di un ristorante (al Bagutta, l'ultima volta) spesso ospitando personalità con cui discutere in libertà. Dal Cenacolo sono passati Pippo Corigliano dell'Opus Dei, Giancario Elia Valori, monsignor Paglia e Gianni Letta, nonché - col massimo della riservatezza - a quanto pare anche Cesare Geronzi. Nel club dei circoli, infine, non si possono trascurare quelli degli ex alumni, che rammentano la tradizione delle confraternities e delle sororities nelle università americane, quando non sono a quelle direttamente collegate. Gli ex bocconiani tengono un incontro al mese, accompagnato da colazioni di lavoro la mattina presto. Gli ex McKinsey riuniscono 3-400 persone (ci capitano Corrado Passera e Vittorio Colao) una volta l'anno, una settimana prima di Natale. Alla Normale di Pisa come al Cesare Alfieri di Firenze si cerca di ravvivare la tradizione. A Pisa, spostando in giugno l'assemblea annuale e riallacciando i contatti con gli ex allievi. A Firenze, ripartendo da capo, visto che i reduci oggi sono uniti soltanto dalla cravatta apposta disegnata da Pucci. Un esempio che funziona sono gli ex alunni di giurisprudenza a Milano, giunti al 15° anniversario, 3-4 eventi l'anno, una cinquantina di persone al Jolly President per l'happy hour Francesco Abbozzo Franzi, presidente uscente, spiega: «Non siamo un club monoprofessionale. Da quella facoltà escono persone che si avviano in ambiti diversi: avvocati, notai, giornalisti, banchieri d'impresa. Così questo è un network di persone che hanno in comune l'attenzione al diritto. Poi, io ho lavorato perché ci si potesse incontrare qui anche fra laureati di ieri e signori coi capelli bianchi». Scambi di opportunità?: «Mi viene in mente un caso. Avevamo deciso di dare un contributo a studenti per un corso di tre settimane in Cina. L'abbiamo annunciato sulla newsletter e ci ha risposto un socio, Marco Leporati, rappresentante a Shanghai della Savino Del Bene. Ci ha aiutato a organizzare lì una riunione con i dirigenti della Camera di Commercio italocinese».

giovedì 8 aprile 2010

Bossi, la chiesa e il sogno non realizzato del Pd

Il modo in cui si sta comportando la Lega nord, e soprattutto le due sfere di influenza su cui fa perno il percorso del carraccio, offrono uno spunto di riflessione secondo me interessante. Si può pensare ciò che ci vuole del partito di Bossi ma il fatto che i leghisti abbiano puntato, a volte anche con successo, a conquistare due elettorati diversi come quello post democristiano e post comunista – che in molti partiti (vedi alla voce Pd) non riescono a stare insieme con grande agilità – segnala che se si guarda con attenzione il primo vero esperimento non troppo conflittuale di compromesso storico realizzato non nelle sedi e negli organigrammi dei partiti ma bensì sul territorio rischia di essere proprio quello della Lega.

Altri link

Il Cav., Bossi e l'ultima bufala sulla Lega

La Lega, i comunisti e il Pd

"La Lega è la nuova democrazia cristiana"


venerdì 2 aprile 2010

I disastri del Pd spiegati dai disastri di Roma

Il Lazio è ancora una volta l’emblema dei problemi che tormentano il centrosinistra italiano. La vittoria di Renata Polverini porta con sé una serie di fenomeni di cui ho già parlato qui nel mio libro ma che può essere utile tornare a spiegare. Prima cosa. La sinistra (perché il Pd è quello ormai: il centrosinistra è un sostantivo che dovrebbe iniziare a sparire dal lessico della politica del partito di Bersani) ha perso come sempre nelle zone periferiche (Latina, Frosinone, Rieti, Viterbo; la stessa cosa successe due anni fa a Roma con le borgate: tutte ad Alemanno): laddove fare un’iniziativa politica non ti permetterà certo di avere tanti titoloni sui giornali ma garantisce di dimostrare al cittadino che non ti interessa soltanto avere il tuo faccione sparato nelle aperture dei telegiornali. Il centrosinistra, ancora una volta, ha creduto di essere, non si capisce per quale ragione, geneticamente superiore, dimenticandosi però che da qualche anno a questa parte nella regione in cui è nato il Partito democratico (il Lazio, appunto) non solo non esiste un partito, un coordinamento, un pivot attorno cui rifar girare il motore ingolfato della macchina del partito ma non è stato neppure ancora avvistato un solo segno di ripresa dalla sconfitta elettorale del 2008. Dopo la presa di Roma di Alemanno sarebbe stato naturale aspettarsi che il centrosinistra romano sarebbe rinato attorno a questa o a quella figura. Che avrebbe trovato la forza di costruire non dico un’alternativa ad Alemanno (tanto quella c’è: Zingaretti nel 2013) ma una nuova classe dirigente capace di fare politica e di non precipitare nell’irrilevanza totale. Non è successo, e oggi il Partito democratico sembra una macchina con un motore che gira solo per forza di inerzia ma che a guardarla bene gli manca una cosa: il pilota.

(1. continua)