domenica 6 maggio 2007

Mario Monti da imparare a memoria

Le banche italiane rappresentano «una forma di governo occulto» che porta a una «discutibile divaricazione rispetto a una logica di mercato» nell’economia del nostro Paese. Il presidente della Bocconi (ed ex commissario europeo al mercato interno) Mario Monti ha tenuto ieri un’altra lezione sul capitalismo italiano, di quelle che sta portando avanti in una serie di discorsi pubblici e di interventi sui giornali - la puntata precedente era stata scritta appena lunedì scorso in un editoriale del Corriere della Sera - e stavolta ha sparato a un bersaglio grosso come il sistema del credito.

Monti, che parlava al convegno «Riccardo Lombardi e le riforme di struttura» nella Sala delle Colonne della Camera a Roma, ha denunciato che ai «rischi di politicizzazione dell’economia» e alla «confusione tra politica e affari» che regna in Italia in questi anni non è estraneo, anzi è elemento essenziale, «l’interventismo delle banche».

«È allarmante - ha detto l’ex commissario Ue - sentir parlare di amicizie tra imprenditori e banchieri. In passato si diceva che lo Stato era una sorta di banca occulta, data la grande attività finanziaria che svolgeva. Oggi si guarda alle banche come a una forma di governo occulto». Il concetto viene rafforzato ed esteso in un’intervista che si potrà leggere oggi sulla pagine dell’Espresso: «Resto stupefatto - dice Monti - quando si legge, senza che nessuno batta ciglio, che un certo banchiere o imprenditore è “amico di” o è “vicino a” questo o quel politico. Che cosa vuol dire? Che un’operazione viene fatta, in tutto o in parte, per fare un favore a qualcuno? E quali sono i danni che un simile comportamento, fuori dai principii del libero mercato, necessariamente comporta? Che cosa voleva dire, come si è letto nei giorni scorsi, che si pensava a una “cordata bipartisan” per acquistare il controllo di Telecom?».

Benché l’ex commissario europeo non entrati nei dettagli, con la citazione di Telecom si riferisce evidentemente all’ingresso nel capitale del gruppo di telecomunicazioni di Intesa Sanpaolo e di Mediobanca (con le Assicurazioni Generali) per un intervento a difesa dell’«italianità» riguardo al quale, nonostante le smentite formali di molte delle parti coinvolte (ma non, ad esempio, di Antoine Bernheim, che ha ammesso il fatto) il concerto fra governo e sistema del credito è stato rilevato da tutti i commentatori. Fra gli altri possibili riferimenti di Monti c’è la presenza di banche e assicurazioni nel capitale Pirelli e il caso della privatizzazione di Alitalia, con Intesa Sanpaolo a sostenere la cordata di Ap Holding, Mediobanca in quella di Tpg e Unicredit a spalleggiare Aeroflot.

Riferendo la sua opinione sulle più recenti vicende societarie del sistema economico italiano, da Autostrade a Telecom, Monti dice di essersi «formato un’impressione» secondo cui «quelli che in Italia consideriamo i poteri forti della politica e dell’impresa sono in realtà poteri piuttosto deboli. I capitalisti e gli imprenditori, se li guardiamo su un piano internazionale, contano davvero poco, salvo rare eccezioni». Non da oggi Monti fa il tifo per le liberalizzazioni come contributo alla cura dei mali strutturali italiani, e legando ancora una volta economia e politica afferma che «occorre estendere le riforme a quei settori della società che sono tradizionalmente più vicini ai partiti della maggioranza»

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