lunedì 14 gennaio 2008

Baffetti, Iraq, mmaggica

Oggi D'Alema, dopo una giornata allo stadio a vedere ammaggica (con intervista nel dopo partita, "La Roma non si discute, si ama"), e dopo che ieri, prima di lui, era intervenuto da Fazio Adriano Sofri (puntata bellissima, tra l'altro), D'Alema - diciamo - parla del mondo a che tempo che fa. Bello. Bello perché ci vuole un ministro come lui che "legge suoi giornali" quello che capita nelle commissioni che discutono il futuro del suo partito. Bello perché, dialogando sul mondo, ribadisce che in fondo "L'Iraq non era una minaccia vera", che in fondo non lo è neppure l'Iran (che però ammazza tante persone, quindi in quota moratoria-pena di morte è uno stato cattivo, ma non così pericoloso, spiega il ministro degli affari del Mondo); dice di avere un profondo legame con la famiglia Clinton (che voterebbe, negli Iuesei), sostiene che siano stati i Talebani a uccidere la Bhutto (islamisti non è sinonimo di Talebani, ma questo, il ministro, certo che lo sa), dice che girare il mondo con tutti quei magnifici cappellini non è un problema; quello in Vietnam, effettivamente, era brutto brutto, ma lui - gagliardo e innamorato degli anni che furono - dice che in "Vietnam avrei fatto tutto quello che mi avrebbero chiesto". Bello quando dice se vuoi la pace prepara la guerra; bello quando, da ministro del Mondo qual è, propone un'originale campagna di moralizzazione sul disarmo nel mondo; poi Fazio gli ricorda che nel Pd chi è a capo di una fondazione non può avere ruoli, diciamo, di dirigenza nel Pd. E qual è il problema, spiega il ministro, io "non ho alcun ruolo esecutivo" e, aggiunge, nemmeno "lo auspico", diciamo. Avrebbero potuto chiedere, allora, perché il ministro degli affari del Mondo, che non considera l'Iraq come una minaccia vera, ha votato all'Onu - e ha approvato - la strategia militare di Bush e Cheney, in Iraq. Ha votato; e, chisssà perché, ha votato sì.

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