venerdì 7 marzo 2008

Il Foglio.it "Così Sarkozy trasforma in monaco anche l'abito"

E' come se dicesse: "Io sono questo, prendere o lasciare". Prendere, prendere

Letto sul Corriere della Sera di oggi un commento come quello di Bernard-Henri Lévy – il corpo di Sarkozy senza più misteri né aura – e preso atto che sia perfettamente consentito, da un lato, elogiare le magnifiche inesperienze politiche italiane e dall’altro, invece, dire che un corpo politico così esposto e così scoperto come quello di Sarkozy sia diventato un corpo non più sufficientemente sacro per regnare su un paese, visto tutto questo, con la competenza che spetta a chi da mesi si occupa appassionatamente di prostaglandine, di tubicini, di ecografie, di aspirazioni e di cannule, vorrei dire solo questo: balle, balle, balle. Balle perché, visto da qui, un presidente che scarica le armi del ricatto gossipparo, mettendo per tempo benzina sul fuoco dell’indiscrezione da primissima pagina; un presidente che si fa fotografare, a Eurodisney, accanto a Topolino, Pippo e Carla Bruni; che passeggia a Sharm el Sheikh con marsupio, tuta, scarpe slacciate e pedalini della Nike; che candida, senza imbarazzo, il figlio nella sua piccola Ceppaloni di Francia, ecco, quello è un presidente ormai pronto a far scattare l’ingranaggio del trappolone preventivo per tutti gli Henry Valli di Francia e d’Italia: pronti a brontolare per un presidente che non sarà mai così vigliacco da nascondersi dietro il cerone di una celebrità che, per uno come lui, non potrà che essere così elegantemente sfacciata; perché quello, essendo un uomo che è riuscito a trasformare in monaco anche l’abito e in oro tutto ciò che luccica a corte, non è altro che un favoloso presidente che dice al suo elettore guarda, io sono così, io sono quello che vedi, io sono quello che ascolti, io sono quello che faccio, io sono quello che valgo. E credetemi, io non vi nasconderò mai nulla; neanche le porcate. Perché io sono questo, e scegliete voi: prendere o lasciare. E, visto dalle biondissime, ma democratiche, inesperienze d’Italia, oggi si direbbe semplicemente così: prendere, prendere.

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