lunedì 25 agosto 2008

Il Foglio.it. "Il libro che mi ha cambiato l'estate"

Se un libro di Paul Krugman - un libro fiacco, lungo, spesso incomprensibile e che come tesi rivoluzionaria sostiene il se stava meglio quando si stava peggio ("Manifesto di un liberal") - riesce a cambiarti l'estate significa che, per il bene del tuo giornale, è arrivato il momento di andare in vacanza. Krugman è uno degli economisti liberal più famosi del mondo: è editorialista del New York Times, ha vinto un premio Nobel, è convinto che i neoconservatori siano più o meno dei fondamentalisti senza turbante, è sicuro che i Bush abbiano fatto all'America più danni di quanti ne abbia fatti Katrina a New Orleans e - per capire - è uno di quegli scrittori che in alcuni giornali ti dicono di leggere per "conoscere meglio il tuo nemico". Semplicemente insopportabile. Tuttavia, il libro di Krugman spiega una cosa di estrema semplicità. Non solo che "se stava mejo quando se stava peggio", ma che tutta la storia dell'abbassare le tasse per produrre più ricchezza in tutto il paese è, come direbbe Lui, una boiata pazzesca. Krugman fa una noiosa ma credo efficace descrizione di quel che, secondo lui, è accaduto in America negli ultimi sessant'anni. E' vero: è tutto un elogio del New Deal, è tutta una morbida e morbosetta applicazione dei vecchi e sani principi di un certo Welfare state ed è tutto un alludere al fatto che, nei sogni di Krugman, l'America dovrebbe riscoprire una sorta di "grande compressione", dove i ricchi son meno ricchi e dove i poveri sono un po' più poveri (niente di più banale, ovviamente). Ma, il banale, Krugman stavolta lo dice bene, è persino convincente e in tutta la sua notevole fenomenologia della redistribuzione che fa nel suo "Manifesto di un Liberal" (tassazione progressiva, sanità per tutti e al diavolo tutte le idee di flat tax) Krugman fa anche un esempio molto efficace. Quando vi raccontano, spiega, la storia dei redditi medi che in America, da Ronald Reagan in poi, sarebbero cresciuti sempre di piú, bisogna immaginarsi questa scena. Uno Starbucks pieno di americani squattrinati al cui interno si materializza improvvisamente Bill Gates. In un attimo, dunque, la media dei redditti fa un gran bel balzo in su. Ma naturalmente i redditi bassi, in realtà, rimangono sempre gli stessi. Ecco. Non so quanto corrisponda al vero questo esempio, non so in che senso questo libro mi avrebbe cambiato l'estate (anche se sono certo che prima o poi lo farà) e so che per rimettermi in linea avró bisogno di una doppia lettura dell'ultimo formidabile e fondamentale "Manifesto di un Conservatore" di Roger Scruton. Ma, soprattutto, so che per il momento l'economista liberal piú amato da Walter Veltroni (economista che però, per quanto riguarda le tasse e parecchie altre cose di economia, la pensa esattamente al contrario del nostro W.) mi consentirà, in attesa di Scruton, di trascorrere lontano dall'Italia la mia prima, pericolosissima e speriamo inconsapevole, calda estate liberal.
Claudio Cerasa

1 commento:

vincenzo ha detto...

Su Krugman la penso esattamente come te!

ciao

Vincenzo