venerdì 17 agosto 2007

Tra le lettere di oggi

Al direttore - Quando non si sa bene come definire la “cosa”, che sia bianca, rossa o nera, sembra sia diventato molto trendy utilizzare quella parolina lì, “radicale”. Sarà il caldo (oppure il fresco), sarà che a Roma – specie dalle parti di Largo Fochetti, specie dalle parti di Francesco Merlo – ostriche e caviale non son più quelli di una volta, ma chissà perché ogni giorno c’è un Prodi che scrive alla sinistra radicale, c’è il radicale che non ama la sinistra radicale, c’è il Pd che non vuole il radicale, c’è Casini che sogna un centro radicale, c’è Baccini che dice di non saper bene cosa diavolo sia questo centro radicale ma che comunque lui, il centro, non lo vuole radicale, ma lo vuole solo radicalmente moderato; c’è la Bindi che chiede responsabilità alla sinistra radicale, c’è la sinistra radicale che prima, sul welfare, chiede un cambio radicale e poi, un po’ stordita, dice che se non ci sarà un cambio radicale la colpa, naturalmente, sarà di tutti questi militanti qui, logicamente radicali; e con il risultato, magnifico, che ormai, quando dici o quando scrivi “radicale” non ti risponde più nessuno. Proposta: non è più semplice iniziare a dire “radicale” solo accanto alla parolina “partito”? Claudio Cerasa

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