Provate a farci caso. Ieri all'Assemblea del Pd c'è stato un lapsus molto tenero del segretario che nasconde un messaggio politico ben più efficace dell'ora e mezza di relazione. Veltroni ha detto - invece che "questo è un partito a vocazione maggioritaria" - che questo è "un paese a vocazione maggioritaria". Nel senso che questo è un paese destinato ad avere due partiti a vocazione maggioritaria piuttosto che quattro o cinque partiti più o meno allo stesso livello che battagliano tra di loro. Per farvi capire, questo è il pensiero del bipartitismo un po' imperfetto che ha in mente Veltroni (due partiti grandi e poi qualcuno più piccolo con cui fare alleanze) l'altro - quello dei due partiti che viaggiano attorno al 35 per cento con altri due che si spartiscono equamente il restante 30 per cento (35+35+15+15, volgarmente detto modello tedesco, e perdonate l'approssimazione) - è quello che hanno in testa Massimo D'Alema, Franco Marini, Pier Ferdinando Casini e tutti coloro che nelle interviste vi parlano di un ritorno alla “politica dei partiti” o ancora meglio di "modello tedesco". A me il modello americano (finto americano, in realtà) cioè con due grandi partiti che si fanno il mazzo tra di loro mi fa impazzire. Il problema è che un grande partito a destra c'è (e pazienza per il fatto che il Pdl non esiste ancora, Fini e Berlusconi sono destinati a essere un'unica cosa e senza Berlusconi Fini non vale molto. Altro discorso invece è quello di Alemanno, che a Roma - mamma mia quanto si vola alto oggi - potrebbe fare secondo me in futuro il Bossi o se volete il Raffaele Lombardo del centro) mentre paradossalmente il partito che non c'è è quello di centrosinistra. Cerco di spiegarmi. Con un modello finto-americano la cosa importante è avere sul piatto due leader carismatici etc etc etc. In questo momento purtroppo Veltroni non riesce più a essere quel torrente che si arricchisce di affluenti (metafora usata ieri da Bersani) ma è invece un fiumiciattolo che semplicemente non riesce più a distinguersi da tutti gli affluenti correntizi del Pd. Non può essere un console dei consoli, Veltroni. Sarebbe sbagliato. Dovrebbe rivendicare tutte le scelte che ha fatto finora, rispondere alle critiche, non metterle nel cassetto e mostrare di non avere (come suggerirebbe l’ex onorevole Santanché) le palle di velluto. Dovrebbe fare un po' più il dittatore, Veltroni. Dovrebbe inventarsi qualcosa di nuovo, anche dal punto di vista scenico (magnifico Obama qui). Se comincia a impostare la sua seconda fase della nuova stagione sul "resistere, resistere, resistere" alla fine dopo le Europee del 2009 lo faranno fuori. Vedrete. L'idea di fare un congresso ora o di inventarsi un nuovo tipo di primarie potrebbe essere una soluzione buona per avere una nuova investitura popolare in grado di legittimare le sue scelte. Solo che questa cosa non ci sarà e proprio per questo i prossimi mesi di Veltroni rischiano di essere compromessi da un altro lapsus. Un lapsus che però non è solo giornalistico. Quella che si è riunita ieri è l'assemblea nazionale del Partito democratico, eletta il 14 ottobre durante le stesse primarie con cui è stato eletto Veltroni. Tutti però continuano a chiamarla “costituente”. Perché. Perché quell'Assemblea doveva essere "costituente", nel senso che avrebbe dovuto costituire le basi per far nascere il partito. Avete presente quei 2.800 delegati, no? (Anche se 2.800 fanno davvero ridere, visto che sono circa 2.300 in più di quanti erano i delegati dell'Assemblea costituente che scrisse la Costituzione italiana. Evabbè). Il punto è che, come avrete capito, quell'assemblea costituente non c'è più e il nome vero oggi è quello di assemblea nazionale. Che significa? Significa che la fase costituente del partito è ormai finita da tempo (il Pd ha uno statuto, un codice etico, un codice dei valori) e la fase di creazione del partito è una fase semplicemente passata. Per questo, i delegati dell'assemblea costituente è praticamente impossibile (oltre che sbagliato) che diventino anche delegati che possano contribuire alla vita politica del partito. Sono un’altra cosa. E’ come chiedere a tutti quegli allenatori che arrivano a metà stagione in Serie A per traghettare una squadra verso qualche altra cosa di fare gli allenatori a tempo indeterminato (tipo Papadopulo, tipo Cavasin, tipo Mircea Lucescu, etc.) La costituente, come è ovvio, va sciolta quando finisce la fase costituente. Il problema è che Veltroni rischia di essere legato sempre di più a quella fase lì, a quella fase costituente del partito. Come una specie di leader eternamente transitorio, come una specie di Saragat che prova ogni giorno a dimostrare di non essere Saragat tentando disperatamente a spruzzarsi addosso un po’ di pellaccia scura di Obama (all'Assemblea Veltroni ha detto tre volte quella parolina lì, change). Se proprio vi interessa, a mio parere oggi il rischio è questo: quello di considerare via via come una cosa ormai passata e dunque come una fase da sostituire non solo l'assemblea costituente ma anche quello stesso segretario che con quell'assemblea è stato eletto e che con quell’assemblea è diventato quello che è. Mettiamola così: se Veltroni non capisce che rischia di diventare come Papadopulo o Lucescu allora è tutto finito davvero.
Cerazade ha cambiato indirizzo, e ora è qui
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