mercoledì 14 maggio 2008

Il Foglio.it "Ecco perché D'Avanzo ha scomunicato il travaglismo sul giornale di Travaglio e di D'Avanzo"

La corrispondenza tra Giuseppe D’Avanzo e Marco Travaglio registra oggi una nuova puntata con un ispiratissimo giornalista di Repubblica che sulle pagine del quotidiano romano ha scomunicato Travaglio. Con un colpo di classe (o un colpo basso?) il collaboratore dell’Unità e della Repubblica di Torino, dopo essere stato definito da D’Avanzo, ieri, manipolatore di lettori “inconsapevoli” e giornalista che “bluffa”, risponde proprio su Repubblica spiegando che le “chiacchiere stanno a zero”. Travaglio ricorda che a proposito del caso Schifani lui si è “limitato a rammentare un fatto vero” e che, seppur riguardo ai quei “fatti” ci siano “rapporti di nessuna rilevanza penale”, dall’altra parte questi sono fatti di “grande rilievo politico-morale”. Certo, per chi puntigliosamente come Travaglio racconta solo “fatti”, l’espediente linguistico del “grande rilievo politico-morale” è un po’ curioso. Essere costretti a definire un fatto di “grande rilievo politico-morale” senza limitarsi a raccontare solo i fatti, nasconde questa piccola contraddizione di fondo: se i “fatti” necessitano di commento, significa che i fatti raccontati non sono così evidenti per dimostrare qualcosa. Pensandoci bene, quelle parole non sono poi così diverse da quelle già utilizzate da Travaglio e da Gomez nel libro “Se li conosci li eviti”. I due giornalisti, a questo proposito, avevano già anticipato il nuovo approccio alla cronaca giudiziaria del travaglismo spiegando, nelle prima pagine del loro volume, che il discrimine per valutare l’attività politica di un politico non si limita più “al criterio dei precedenti e delle pendenze penali”. Siamo “convinti – scrivono i giornalisti – che non basti essere incensurati per fare politica” e per questo “abbiamo scovato i nemici della legalità”. E’ anche per questo che nel vocabolario travagliesco i fatti non sono solo fatti ma sono anche “moralmente disdicevoli”. Non importa se sono reati, sono comunque disdicevoli. Così, rispondendo a Travaglio, D’Avanzo dice invece che “non sempre i fatti sono la verità”. E a questo proposito ricorda un episodio dell’8 agosto del 2002, quando Travaglio avrebbe passato le sue vacanze con Giuseppe Ciuro (detto Pippo) dormendo in un residence pagato da Michele Aiello. D’Avanzo spiega che Aiello è lo stesso Aiello che verrà poi condannato a 14 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso e che Ciuro è lo stesso sottufficiale di polizia condannato a 4 anni e 6 mesi per aver favorito Michele Aiello e per aver rivelato segreti d’ufficio utili a favorire la latitanza di Bernardo Provenzano. Il parallelismo è notevole. Perché, da un lato c’è Travaglio che in tv ricorda i rapporti di Schifani con persone poi condannate per mafia. Dall’altra, invece, c’è D’Avanzo che ricorda i rapporti di Travaglio con persone poi condannate per mafia. “Ditemi ora chi può essere tanto grossolano o vile da attribuire all’integrità di Marco Travaglio un’ombra, una colpa, addirittura un accordo fraudolento con il mafioso e il suo complice?”, si chiede D’Avanzo che incalza Travaglio puntandogli contro lo stesso meccanismo con cui il corsivista dell’Unità costruisce nei suoi libri e nei suoi interventi il parametro di giudizio per identificare cosa è vero, cosa è falso, cosa è giusto e cosa è sbagliato. “Un fatto ci indica sempre una verità?”, si chiede D’Avanzo. No, naturalmente: Travaglio non è un mafioso per il semplice fatto che ha frequentato persone che sarebbero state condannate per mafia e le parole contenute in un brogliaccio di polizia, come Travaglio ovviamente sa, sono il resoconto di un fatto, non “la verità da scagliare contro qualcuno". E chissà che Travaglio non abbia capito che il giochino non piace più a nessuno (e comunque non a D’Avanzo).
Claudio Cerasa
14/05/08

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Piccolo problema: Travaglio non è la seconda carica dello stato, è un giornalista.. Che la seconda carica dello stato intrattenesse rapporti di amicizia e di AFFARI con dei mafiosi invece è già un bel problema... e Travaglio ha tutto il diritto di dire in TV che Schifani era in rapporti d'affari e amicizia con dei mafiosi. Se Schifani fosse un cittadino qualsiasi, si potrebbe anche soprassedere, ma dato che è la seconda carica dello Stato, NO, si deve dire...

Tito ha detto...

Scusate, ma il grande filippo facci, neodivo del giornalismo necaw, non va per caso in tv a dire a tutti che grillo è uno che guadagna 4 limioni di euro e che ha ammazzato una famiglia con un incidente d'auto. per questo non ha l'autorità morale di mandare a fanculo nessuno?!?!?
Quei fatti si possono raccontare perchè grillo è il pericolo populista alle porte. Se invece il presidente del senato, ha avuto amicizie mafiose, bisigna tacerlo.
Il giochino comunque piace ancora a molti.

Anonimo ha detto...

Visto che si parla di FATTI, è più corretto dire che schifani NON era in rapporti di affari con dei mafiosi perchè a quel tempo non lo erano ancora, o meglio non erano accertati come tali. Ci son voluti ben 18 anni perchè fossero accertati come mafiosi, dunque non era tanto evidente 18 anni prima. Ho idea che in Sicilia sia un po' difficile non avere mai a che fare in tutta la propria vita professionale con persone che potrebbero in um futuro, a torto a ragione, essere accusati di "mafiosita". Anche lo stesso Travaglio c'è caduto. Dunque qual'è la lezione? I fatti così come sono non hanno alcuna rilevanza; come dice giustamente D'Avanzo "non raccontano una verità". E ciò nonostante Travaglio li usa per infangare. E il risultato si vede, visto che c'è qualcuno che vorrebbe spiegazioni da Schifani, spiegazioni che non si possono dare, perchè non c'è niente da spiegare. Eppure le stesse spiegazioni non si possono poi chiedere a Travaglio perchè è meno importante, come se scrivere e parlare in pubblico ti facesse meno importante poi. Utilizzando il metodo Travaglio uno comunque potrebbe chiedersi che cosa ha ricevuto in cambio da Travaglio il "post" mafioso che gli ha pagato le vacanze e con il quale parlava di cuscini (magari, butto lì, chissà cosa mai contenevano 'sti cuscini). Magari uno pensa che in cambio il "post" mafioso potrebbe aver ricevuto una bella infangata su chi ha voluto inasprire il 41 bis, come Schifani. Chiaro sono illazioni, ma basate su fatti, come li definisce Travaglio.
In tutti i casi Schifani e Travaglio utilizziamo il niente di illazioni per infangare qualcuno.
Noi, che postiamo un commentino qui, sì che davvero contiamo poco, ma non certo Travaglio che si permette di infangare la seconda carica dello stato con lo stesso niente che riguarda lui.

antonio ha detto...

Magari Cerasa e' siciliano e potrebbe ragionevolmente rispondere alla domanda; non penso possa "capitare" di avere rapporti con gente che poi in futuro verra sorprendentemente scoperta essere "mafiosa". Essendo anch'io siciliano so che in Sicilia nulla si muove per caso, e i gruppi di potere all'interno della mafia sono sempre gli stessi ammenocche' non succeda qualche capovolgimento come all'epoca di Riina e dei corleonesi.

Nessuno diventa boss di Villabate per caso.

Detto cio', Travaglio oggi su repubblica ha precisato come sta la faccenda e l'attacco di D'Avanzo non ha nessun significato. Anzi chi e' avvezzo di Repubblica sa che gli articoli di D'Avanzo molto spesso si basano si fantasie e non su fatti, finendo, anche loro, per essere giustizialisti.

Concludo dicendo che la polemica e' sterile, Schifani ha tutti i mezzi per querelare Travaglio e chiederne conto nelle aule di tribunale, vedremo come andra' a finire.

Riguardo quello che scrive Cerasa, la critica su quello che Travaglio definisce come "moralita'" non e' cosi' semplice come la pone lui, dato che in Italia molti politici sono andati avanti a prescrizioni e assoluzioni perche' il fatto non costituisce piu' reato (dato che la legge e' stata cambiata dagli stessi politici). Se si fa notare questo pero' cominciamo i discorsi sulla "persecuzione giudiziaria", come al solito.

Tito ha detto...

Di spiegazioni ne servirebbero molte. non so tu come fai a sotenere che schifani non potesse sapere delle attività mafiose o crimali dei suoi amichetti. Quello dovrebbe dirlo lui. Se fosse un cittadino normale potrebbe fregarsene, ma come rappresentante politico e presidente del senato sarebbe buona cosa dare delle spiegazioni.
Piccolo fatto di cronaca:
per caso oggi c'è stata una levata di scudi contro la diffusione di notizie sulla presunta amicizia tra Mancini & co e il mafiosetto Bresciano. Non mi pare. Si è detto e si sta scrivendo pure di mms con donne nude. Mancini non si può neanche fare le pippe, mentre schifani può essere amico di mafiosi e mangano un eroe.

Unknown ha detto...

Io riporterei l'attenzione sul riporto del Presidente del Senato

Anonimo ha detto...

Davanzo querelato, vediamo come finisce...io un pensierino ce l'avrei

Anonimo ha detto...

dovresti essere così onesto da dire che le accuse di d'aqvanzo erano false...

Claudio Cerasa ha detto...

E no, e no. D'Avanzo ha fatto, a mio avviso, una di quelle cose che di solito fa Travaglio. Cioè, ha pescato nel mazzo delle intercettazioni e dei verbali e ha usato indiscrezioni, carte, segnalazioni, come se fossero "fatti". Dunque ha usato la stessa arma di Travaglio, ha usato cose (non fatti) che non hanno alcuna rilevanza penale ma che sono più che sufficienti per creare attorno a una persona l'ombra di un qualcosa di losco. Che sia vero o no, "quel giochino" funziona così.

Anonimo ha detto...

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